Con il naso nel calice, attende. In silenzio, aspetta che sia il vino a parlare.
Ascolta le storie che le bollicine raccontano: vede l’acino d’uva riflesso nella lucentezza del bicchiere, percepisce la terra, sente la fatica di chi ha dedicato le sue giornate affinché qualcun altro potesse godere di quel momento.
Ripercorre i passi, intende i suoni sommessi di botti e di cantine. Accarezza con il pensiero il legno ruvido che ha lasciato quel suo caratteristico sentore nel bicchiere.
Ci sono stagioni e stagioni dentro ad ogni sorso e il popsommelier lo sa.
Per questo ama sentire ogni sfumatura che il clima ha saputo regalare e distinguerne i tratti.
Ogni annata non è mai uguale a quella precedente.
Il popsommelier alza il calice sommessamente. Il suo cenno del capo è quasi un inchino a ciò che si nasconde dentro al vino.
Quando inizia il suo racconto, coinvolge i commensali con un misto di schiettezza e ritrosia, perché lui sa di non essere il protagonista.
Ma poi l’euforia prende il sopravvento e la passione si gonfia come la vela spinta da venti favorevoli.